giovedì 12 aprile 2012

Esplode, prima o poi ogni bomba lo fa.



E' l'ennesimo triste giorno di una ancora triste vita.
Ti guardi allo specchio e non sei come vorresti, non sei chi vorresti e quando ti rendi conto che forse non lo diventerai mai, ti ripeti che non fa niente, mentre le lacrime vengono giù.
Ti chiedi il motivo del perché non sia possibile far avverare i sogni, del perché i progetti siano solo pezzi di carta   intinti di un inchiostro che ormai si fa fatica a leggere.
Niente va come deve andare. Nulla.
Vorresti evadere, o esplodere.
L'orologio segna i -30 secondi all'esplosione e tu puoi ancora correre per cercare di salvarti.
Il sudore ti riga il volto, ma tu tieni duro perché sei forte.
-20 secondi.
Le gambe faticano per lo sforzo sovrumano ma tu non molli, ti tiri su ogni volta che cadi e vai avanti.
-10 secondi.
Sei sfinito. Inizi a chiederti se riuscirai mai a raggiungere l'obiettivo, e cerchi quel motivo, seppure in lontananza che ti faccia distrarre dal voler abbandonare tutto.
-5
Corri, ce la puoi fare.
-4
Non ti arrendere, cazzo.
-3
Tieni duro, tu vali!
-2
E' così, sei il migliore.
-1
Sei arrivato, un ultimo sforzo.
Tutto Esplode.
Fallisci. Ancora.
A cosa è servito correre?.

martedì 3 aprile 2012

Ho davvero tanto bisogno di te.



Era estate ed ogni cosa intorno a lui lo ricordava.
L'afa che regnava fuori in giardino, lo schiamazzo dei bimbi nel parco o la melodia del carillon del gelataio, che si affrettava a servire tutti i suoi ultimi clienti della giornata, per poi poter finalmente tornare a casa dalle sue due piccole principesse.
Dave era lì, seduto sulla sedia a dondolo del nonno, mentre leggeva il suo ultimo libro fantasy.
Amava viaggiare con la fantasia, volare in mondi incantati, usando incantesimi che solo tramite la lettura riusciva ad evocare.
Le voci delle mamme iniziavano ad urlare i nomi dei propri figli, convincendoli a rientrare in casa per la cena. A Dave questo mancava da un bel po' di tempo; esattamente da quando, un giorno d'estate, di dieci anni prima, un pirata della strada gli aveva portato via la madre.
All'epoca aveva soltanto 8 anni.
Da quel momento, ogni cosa gravava sul suo tempo prezioso; doveva preoccuparsi di cucinare ai suoi due fratelli più piccoli o di preparare il cesto degli indumenti sporchi, per portarlo poi in lavanderia.
Era così immerso nei suoi pensieri, da non accorgersi di quanto stava accadendo.
L'intero viale, a forma di grande "L" era sempre stato pericoloso.
Più volte, gli stessi vicini, avevano raccolto firme per chiedere di poter chiudere entrambi i lati della strada, ma non vi era mai stato concesso alcun permesso dalle autorità locali.
Un'automobile rossa, così veloce quanto pericolosa, sfrecciò nel viale dinanzi agli occhi sgranate delle mamme impaurite.
Il gelataio riuscì a salvare un bambino giusto qualche secondo prima che venisse investito.
Ma evidentemente, qualcuno lassù aveva urgente bisogno di riprendersi con sé chi gli stava più a cuore.
La macchina perse il controllo.
La sedia a dondolo volò via per qualche metro.
Piombò il silenzio.

Amare: un giorno si e un giorno non più.




Il tempo passava, e di lui non riceveva più alcuna notizia.
O almeno non da parte sua.
Si, continuava a guardarlo dall'altra parte della strada, mentre con i suoi amici si allenava a calcetto.
Aveva sempre amato il suo vantarsi di essere bravo in quello sport, che lei ora tanto odiava.
Si, si erano conosciuti esattamente in quel modo, una partita di calcio.
No, lei non amava giocava; era negata nella maggiore parte di tutti gli sport che prevedessero l'uso della palla.
Erano passati ormai tre mesi dall'ultima volta che le aveva rivolto la parola; un messaggio in segreteria, per la precisione.
" Credo che non siamo fatti per stare più insieme. Forse non lo siamo mai stati. Mi spiace. Sappi che ti auguro il meglio, perché te lo meriti."
Ecco ben cinque anni, tre mesi e dodici giorni buttati nel cesso.
Gabrielle amava il gelato alla menta con scaglie di cioccolato al latte, ma ora non ne avrebbe mangiato neanche un cucchiaio.
Era dimagrita. Non mangiava, se non quel poco che la madre le implorava di ingurgitare.
Lei non lo sapeva, ma di notte si alzava, e gettava tutto nel cesso. Proprio come i suoi anni con Dave.
Cinquantadue sms e ventitre messaggi in segreteria, ma lui non aveva mai risposto.
Tutta colpa di quell'altra. Ormai Dave era suo.
Casa vuota. Musica così alta da far tremare la cristalleria della mamma. Bagno caldo.
Si guardava allo specchio, e voltandosi era in grado di contare le vertebre, una ad una, e questo le faceva profondamente schifo.
Gabrielle si era sempre chiesta se le lacrime, un giorno, avessero cessato di scendere e rigarle il viso.
Forse, non sarebbe mai successo.
Si immerse in acqua, era calda.
Fosse bastata una spugna, per togliersi la colpa dal suo corpo, beh, l'avrebbe fatto.
Si alzò, afferrò l'accappatoio e per sbaglio, scivolando, fece cascare il portasapone, che si frantumò.
Decise di ritornare in acqua, dopo aver afferrato i cocci di vetro.
Il pezzo di vetro le faceva il solletico, e lei rideva. Rideva forte.
Tutto d'un tratto, il silenzio.
Abbassò il capo verso l'acqua. Era rossa.
Sorrise. Poi scoppiò in lacrime.

Momenti che non dimenticheresti mai.




Era quell'album la fonte del suo sorriso, quel dì.
L'aveva trovato in soffitta, in un vecchio scatolone, per la precisione.
Dopo aver traslocato dalla vecchia casa, erano rimaste molte cose a cui trovare una sistemazione, e l'album era una di quelle.Dal momento in cui toccò appena la copertina, Annie capì che non avrebbe potuto riporlo di nuovo esattamente dove l'aveva trovato; l'avrebbe conservato come avrebbe fatto Scrat con la sua ghianda (Evitando di perderlo, s'intende).
C'era ciò che ad Annie stava più a cuore, in quelle foto; la sua infanzia.
Lì si vedeva intenta a correre, saltare, sorridere e spegnere candeline su torte che mostravano anni che non sarebbero tornati più.
Ma ad Annie non importava poi chissà quanto; aveva appena 20 anni, ed era proprio da quel numero che voleva iniziare a vivere.
Quella bambina spensierata, il cui unico problema erano le ginocchia sbucciate o un gelato cascato in terra.
Pensò, per un attimo, a quanto fosse bello, dopotutto, essere bambini.